Ed il Convento?
Dopo l’allontanamento dei padri Serviti, il Santuario continuò ad essere meta di continui pellegrinaggi provenienti da più parti della Provincia di Terra di Lavoro e, in modo particolare, dalla città di Capua dove molte persone, ancora oggi, conservano un residuo della devozione dei loro padri.
Nell’ultima guerra mondiale, il convento venne bombardato e distrutto, precedendo di poco l’Abbazia di Monte Cassino che il 15 marzo 1944 venne rasa al suolo dagli alleati nella convinzione (che la storia ha poi accertato come clamorosamente infondata) che nel monastero avesse sede il comando nazista.
E così, per lunghi anni, il Santuario restò diroccato, esposto alla furia degli elementi atmosferici che ne accentuarono la rovina.
Tuttavia, approssimandosi la ricorrenza del cinquantesimo anniversario della incoronazione, il Comitato dei Festeggiamenti presieduto dal mai dimenticato don Andrea Anziano, promosse l’iniziativa di ricostruire almeno la chiesa del convento.
L’annuncio fu dato dal parroco don Alfredo Cantiello nelle tre messe celebrate la domenica del 17 luglio 1955.
La risposta dei Bellonesi fu, come sempre, pronta, generosa e totale. Acqua, calce, cemento, materiali da costruzione di ogni genere vennero trasportati a spalla sul monte Rageto, dove il convento poteva essere raggiunto solo a piedi. Nel giro di soli tre mesi il tempio fu ricostruito nella parte relativa all’ingresso, alla chiesa nonché alla sagrestia.
Per descrivere l’entusiasmo, quasi eroismo della popolazione bellonese in quella circostanza, è opportuno riportare integralmente quanto ebbe a scrivere l’allora parroco don Alfredo Cantiello in un libricino che ancora oggi si conserva: "...era la sera dell’11 agosto 1955 quando raggiunsi verso le ore 22 il convento assieme a due amici, convinti che fossimo le sole persone presenti a quell’ora sulla vetta del Rageto. Avevo appena versato a miei sette litri di acqua nella vasca antistante il Santuario, che tra lo stormire lieve delle piante che circondano il Convento sentii un ansimare umano. Ci preoccupammo, spiammo tra gli alberi e sbucò un uomo: era Domenico Ianucci, carico di un barile con oltre 50 litri di acqua. Ringraziava in tal modo la Madonna per essere stato scelto quale scaricatore di bietole presso lo zuccherificio di Capua ed appena un paio di ore prima era tornato dal lavoro ed al denisare aveva preferito dare questa prova d’amore alla Celeste regina.
Lo aiutammo a scaricare il barile, gli asciugammo un poco il sudore ed ecco arrivare Luigi Venoso, col suo caro asinello e con due barilotti d’acqua. Prestammo aiuto anche a lui, ed ecco infine giungere una interminabile fila di anime”.
I sacrifici, i sudori e gli erosimi dei tanti Iannucci e Venoso di quel tempo noi denunciamo non solo come momenti significativi della storia del nostro amato paese, ma anche come monito severo a quanti oggi dovessero ritenere che diritti di proprietà o di altra natura, pur se sacramentati in codici o in strumenti notarili, possano impedire o limitare l’accesso a quel monte sulla cui cima, tanti secoli fa, nacquero la Fede, l’Amore e la Devozione dei Bellonesi per Maria SS di Gerusalemme. |